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Il Premio Letterario Internazionale Mondello
Il Premio - XL Edizione
I vincitori del Premio Opera Italiana
Irene Chias – Esercizi di sevizia e seduzione (Mondadori)
Irene Chias, è nata a Erice (TP) nel 1973. Ha vissuto a Trapani, Agrigento e Roma, dove si è laureata in Lettere. Fra il 1996 e il 1998 ha condotto studi postgraduate a Londra presso la facoltà di Social Sciences della Brunel University. Dopo una breve parentesi nel mondo della scuola come insegnante, ha iniziato a lavorare come giornalista di attualità internazionale a Euronews, emittente televisiva con base a Lione, dove ha vissuto fino al 2003. Lasciata la Francia per Milano, ha iniziato a occuparsi, sempre come giornalista, di economia e finanzia presso un'agenzia di stampa internazionale. Ha pubblicato diversi racconti e, nel 2010, Sono ateo e ti amo, un romanzo che narra la difficile relazione fra i bisogni contrapposti del distacco e di un ritorno alle origini. Nel 2013 pubblica con Mondadori Esercizi di sevizia e seduzione.
- L'opera premiata
Ignazia, figlia di genitori siciliani, vive a Milano dove fa l'architetta precaria e, senza averlo cercato, si imbatte in un ginecologo simpatico e gentile che la conquista in punta di piedi. Ma Ignazia ha anche una segreta missione a nome di tutte le donne (e non solo), lontana sia dall'impegno collettivo dei cortei neofemministi sia dalla dimensione glamour alla Sex and the City: leggendo la letteratura di ogni tempo si è resa conto di come qualsiasi forma di violenza sul corpo delle donne sia considerata più che normale, mentre l'equivalente ai danni di un maschio fa inorridire. È così che Ignazia si dedica a un esercizio che non è solo di stile: sceglie con cura pagine letterarie che descrivono la violenza sulle donne e le riscrive al maschile, con gli uomini come vittime. Ma non finisce qui. Senza troppa fatica Ignazia seduce uomini in carne e ossa, scelti in quanto prototipi di maschilismo, e li costringe ad ascoltare le sue pagine fino a terrorizzarli, iniettandogli infine una potente dose di ossitocina, ormone che favorisce il rilassamento, la fiducia e l'amore. Ignazia non è un'eroina, non si definisce una giustiziera: al massimo una serial scarer, una spaventatrice seriale. È una donna normale, semplicemente stanca dei luoghi comuni.
- La motivazione espressa dal Comitato di Selezione
Il punto di partenza del romanzo è questo: che la violenza di un uomo su una donna sia un fatto normale, da ascrivere a un più ampio “ordine naturale”. Da qui il “colpo di reni” dell'immaginario della Chias: fare dell’inaccettabilità dell’abuso ai danni degli uomini il motore mobile della narrazione. Una sorta di tarlo, inoculato nella testa di Ignazia Gugliaro, figlia di una famiglia di pescatori siciliani (laureata in architettura, residente in una Milano urticante), che un bel giorno, per contrastare questa assuefazione culturale di stampo tronfiamente patriarcale, verga una sorta di dichiarazione programmatica: Ignazia vuole riequilibrare la percezione di normalità dell’abuso sessuale fra i due generi. In che modo? Infliggendo ad alcune vittime designate, uomini agghiaccianti seppur a tutta prima normali, opportunamente adescati, la lettura dei suoi esercizi di stile: frutto dell’attenta selezione di pagine letterarie che descrivono la violenza sulle donne e della conseguente riscrittura al maschile, con gli uomini quali vittime designate. Per le sue sevizie letterarie, Ignazia si rivolge a una costellazione di autori di tutto rispetto: Ellis Bret Easton, l’autore di American Psycho, Anthony Burgess, ovviamente per Arancia meccanica, addirittura alcuni passi della Bibbia. Ne viene fuori una sorta di incubo alla marchese De Sade, seppure capovolto, che pian piano si fa romanzo di lacerante antropologia negativa. Con risvolti surreali, a tratti irresistibili: l’autrice sa essere efficacemente graffiante e sarcastica, nella messa a punto dei tragicomici siparietti. La sua pronuncia, contaminata umoristicamente con la koinè della medicina è veloce, le battute contro la deriva maschilista e l’immaginario fallologocentrico si alternano con la velocità di imprevedibili cortocircuiti.
Giorgio Falco - La gemella H (Einaudi - Stile Libero)
Giorgio Falco è nato nel 1967. Il suo esordio letterario avviene con la raccolta di racconti Pausa Caffè, edita da Sironi editore nel 2004, cui segue, nel 2009, la raccolta L'ubicazione del bene, edita da Einaudi, che riceve ottimi riscontri di critica. Il libro vince il Premio Pisa nel 2009. Nel 2011 pubblica La compagnia del corpo. Nel 2014 pubblica il romanzo La gemella H, edito da Einaudi. Ha scritto racconti per riviste e per antologie. Collabora con il quotidiano la Repubblica.
- L'opera premiata
Giorgio Falco racconta in questo romanzo come il cuore segreto dei totalitarismi sopravviva oggi in noi. Un'opera che restituisce alla letteratura il suo ruolo di svelamento di un'intera epoca, nella quale siamo ancora immersi. La voce deLa gemella Hnon è solo quella di Hilde: è un crepaccio che inghiotte le parole di tutti. La storia comincia nel 1933, a Bockburg, cittadina bavarese, dove nascono le gemelle Hinner, Hilde e Helga. Il padre Hans dirige il giornale locale, e spinto dall'ambizione vive sino in fondo gli anni del Terzo Reich, qui narrati da una prospettiva del tutto inedita: la merce. I debiti per la casa, la rincorsa all'automobile lussuosa, l'appropriazione della villetta del vicino ebreo, che dà inizio a una seria di speculazioni immobiliari, prima in Germania poi in Italia. Dal bagnino della piscina di Merano alle commesse della Rinascente nel dopoguerra milanese, fino alle sonnolenti stagioni balneari della Riviera romagnola, il racconto di «due mondi che si uniscono per sempre». La storia di tre generazioni della famiglia Hinner, che dalla Germania di Hitler arriva all'Italia dei giorni nostri. A parlare è Hilde, testimone della sua stessa esistenza, ribelle inerte nel mondo progettato dal padre, dai padri. La sua voce, ora laconica ora straripante, narra ottant'anni di vicende private intimamente intrecciate al Novecento, «all'alba dei grandi magazzini», al turismo di massa, all'ossessione del corpo. Fino a innescare un cortocircuito che fa esplodere il nostro presente, denudandolo come mai prima era stato fatto. SeI Buddenbrook ripercorreva la decadenza di una famiglia tedesca dell'Ottocento,La gemella Hnon può che registrare il giornaliero «assecondare il flusso di eventi travestiti da soldi» di una famiglia ossessionata dai beni e compromessa con il Male. Decisa a dimenticare, pur di salvarsi.
- La motivazione espressa dal Comitato di Selezione
Con La gemella H Giorgio Falco realizza una notevole narrazione che unisce finzione letteraria e precisa ricostruzione storica. Il romanzo attraversa la storia tedesca e italiana dal 1933 al 2000, facendola passare attraverso la vita piccola delle due gemelle Hilde e Helga, figlie di Hans Hinner, dapprima giornalista convintamente fiancheggiatore del regime hitleriano, poi, dopo la guerra, albergatore a Milano Marittima. Falco racconta in questo modo la sconvolgente continuità dal Fascismo al Dopoguerra, presentandola nella sua più dimensione quotidiana, priva non solo di eroismo, ma addirittura di consapevolezza. Giorgio Falco lavora essenzialmente a due livelli. Il primo è quello dello stile, dove il carattere equitonale, semplice, addirittura piatto della scrittura rende banalmente normali gli stravolgimenti del Nazismo, della guerra mondiale e del periodo successivo, se possibile ancora più feroce. Il secondo livello è invece quello narrativo, che agisce in maniera molto sottile, creando inaspettati parallelismi tra chi ha approfittato della violenza aguzzina e chi, incolpevole ai tempi del Fascismo, ne ripete, inconsapevole, alcune forme di prepotenza. La continuità del tempo è inoltre rappresentata dalla presenza di Blondi, il cane delle gemelle che porta lo stesso nome del cane di Hitler, il quale, dopo la sua prima comparsa nel 1938, accompagna la storia sino alla sua ultima pagina. Vi è qui dunque un terzo livello, che è quello dell’allegoria, con il quale Giorgio Falco prolunga una storia del passato fino alle pagine giornalistiche di oggi, di domani. Si spiega così, infine, l’intelligenza del titolo, che riduce la gemellarità a unicità: come succede nella conclusione della storia, quando la prospettiva di Hilde, con la quale il lettore ha seguito lo svolgersi della vicenda, viene all’improvvisa sospesa, per lasciare tutto lo spazio all’altra gemella, Helga: ma nulla cambia a livello dello stile; una voce vale l’altra, quando ci si è limitati ad attraversare il mondo senza cercare di scegliere, o almeno di comprendere, la propria posizione.
Francesco Pecoraro - La vita in tempo di pace (Ponte alle Grazie)
Francesco Pecoraro (1945) è nato a Roma, dove vive. Nel 2007 ha pubblicato per Mondadori i raccontiDove credi di andare, con cui ha vinto il Premio Berto, il Premio Napoli ed è entrato in finale al Premio Chiara. Nel 2008 ha pubblicatoQuesta e altre preistorie,Le Lettere, scelta di pezzi tratti dal suo blog www.tashtego.splinder.com. Nel 2012 è uscita una sua raccolta di versi, Primordio vertebrale, editore Ponte Sisto. Suoi racconti sono apparsi tra l’altro su: l’Unità, Il Corriere del Mezzogiorno, Il Caffè Illustrato, Nuovi Argomenti, Nero, Sud.
- L’opera premiata
L'ingegner Ivo Brandani è sempre vissuto in tempo di pace. Quando il libro comincia, il 29 maggio 2015, Ivo ha sessantanove anni, è disilluso, arrabbiato, morbosamente attaccato alla vita. Lavora per conto di una multinazionale a un progetto segreto e sconcertante, la ricostruzione in materiali sintetici della barriera corallina del Mar Rosso: quella vera sta morendo per l'inquinamento atmosferico. Nel limbo sognante di un viaggio di ritorno dall'Egitto, si ricompongono a ritroso le varie fasi della sua esistenza di piccolo borghese: la decadenza profonda degli anni Duemila, i soprusi e le ipocrisie di un Paese travolto dal servilismo e dalla burocrazia, il sogno illusorio di un luogo incontaminato e incorruttibile, l'Egeo. E poi, ancora indietro nel tempo, le lotte studentesche degli anni Sessanta, la scoperta dell'amore e del sesso, fino ad arrivare al mondo barbarico del dopoguerra, in cui Brandani ha vissuto gli incubi e le sfide della prima infanzia. Chirurgico e torrenziale, divagante e avvincente, "La vita in tempo di pace" racconta, dal punto di vista di un antieroe lucidissimo, la storia del nostro Paese e le contraddizioni della nostra borghesia: le debolezze, le aspirazioni, gli slanci e le sporcizie, quel che ci illudevamo di essere e quel che alla fine, nostro malgrado, siamo diventati.
- La motivazione espressa dal Comitato di Selezione
La vita in tempo di pace (Ponte alle Grazie) di Francesco Pecoraro è un romanzo di insolita radicalità, che guarda alla attuale crisi di civiltà con uno sguardo affilato e una tensione stilistica capace di connettere in modo originale narrazione e cronaca, diario morale e saggio personale. Protagonista è l’ingegner Ivo Brandani, 69enne, “perseguitato dal senso della catastrofe”, ovunque si manifesti (aereo che può cadere, edificio che può crollare, presa di corrente che può andare in corto, etc.) , e con tale senso della catastrofe attraversa 50 anni di storia italiana (ripieni di gadget e icone d’antan, dal Reader’s digest alla moto Guzzi 500), tentando di dilatare il dettagli per neutralizzarne la carica distruttiva. Quando studia la conquista turca di Bisanzio nel 1453 infatti si sofferma su ciò che avviene sotto la battaglia, nell’infinitamente piccolo. Il suo è un punto di vista ad altezza di battèri! Eppure l’autore non cede al fascino discreto della catastrofe. Nell’ultimo capitolo il padre del protagonista torna dal fronte per andare da lei, che vive in campagna: il viaggio è scandito da uno struggente “non ancora…”, fino all’abbraccio fisico e dunque alla nascita dello stesso Brandani. Quel “non ancora” rivela - pur entro una narrazione buia, terminale - una palpitante utopia e un principio di possibile redenzione che non lascia alla morte l'ultima parola.